Resina (Ercolano)

Fino al 1969 il comune di Ercolano era chiamato “Resina”. L’origine del nome è controversa

Resina (Ercolano)
Come premesso nel mio primo articolo dal titolo “Cosa vedere a Ercolano“, sto scrivendo una guida sulle bellezze di Ercolano, il paese dove vivo. Così, il futuro turista che volesse saperne di più potrà consultare i post scritti da un abitante della città degli Scavi.

Nel primo articolo ho parlato genericamente di Ercolano. In questi articoli, invece, parlerò più nel dettaglio dei singoli luoghi da visitare.

Dunque, in questo articolo ti parlo del motivo per cui Ercolano prima si chiamava Resina.

Resina

Fino al 1969 il comune di Ercolano era chiamato “Resina“. Sull’origine del nome, alcuni studiosi l’attribuiscono alla corruzione del nome “Rectina“, una patrizia romana che possedeva una villa ad Ercolano e che chiese soccorso a Plinio il Vecchio in occasione dell’eruzione del 79 d.C. (come è riportato nella lettera di Plinio il Giovane allo storico Tacito).

Altri studiosi, invece, fanno discendere il nome da “retincula“, le reti utilizzate dai pescatori di Ercolano, o dalla “resina degli alberi dei boschi” cresciuti sulle antiche lave, o dal nome del fiume che scorreva ai margini di Ercolano.

Infine, altri ancora, vendono in Resina l’anagramma di sirena (perché la sirena è stata il simbolo del casale e del Comune fino al 1969).

Nell’XI secolo è attestata la presenza di un oratorio dedicato alla Vergine sulla collina denominata Pugliano, il cui nome deriva (probabilmente) da “praedium pollianum“, un podere suburbano di Ercolano appartenuto ad un tale Pollio.

La storia di Resina


Nel 1418 la regina di Napoli, Giovanna II d’Angiò, cedette le università di Torre del Greco, Resina, Portici e Cremano prima al Gran Siniscalco del regno e suo favorito Sergianni Caracciolo e, dopo qualche anno, ad Antonio Carafa. Il diritto feudale dei Carafa sulla castellania di Torre del Greco fu mantenuto anche da Alfonso d’Aragona (che la elevò a Capitania nel 1454).

Le attività principali dei resinesi erano l’agricoltura, la pesca, il corallo (è attestato l’utilizzo di barche coralline resinesi insieme a quelle di Torre del Greco), e la lavorazione della pietra lavica (nel 1618 fu concessa la formazione di una corporazione dei marmorari).

Nel ‘500 il culto della Madonna Assunta (la cui festività ricorre il 15 agosto), venerata nella Chiesa di Santa Maria a Pugliano, era tale da far affluire a Resina numerosi pellegrini da tutte le contrade vesuviane. Dal 1574 si ha la prima citazione della chiesa come basilica pontificia. Nel 1576 fu eretta a parrocchia con una giurisdizione spirituale che comprendeva il territorio tra il Vesuvio e il mare, tra Torre del Greco e San Giovanni a Teduccio.

Nel 1627 i cittadini di Portici chiesero ed ottennero dal cardinale di Napoli il distacco della loro comunità dalla parrocchia di Santa Maria a Pugliano e per la prima volta si definirono i confini tra i due casali.

Ai primi del ‘600 risalgono anche la Chiesa di Santa Maria della Consolazione (costruita dai padri Eremitiani Scalzi di Sant’Agostino) e una cappella dedicata a Santa Caterina.

L’eruzione del 1631


Nel 1631 il Vesuvio si risvegliò e devastò il territorio circostante mietendo circa 4000 vittime. Il territorio di Resìna fu invaso da due colate laviche che si separarono alle spalle del santuario di Pugliano. Una andò a riempire il vallone a ovest dell’abitato dove scorreva l’antico fiume e l’altra invase i campi a oriente fino al mare.

L’evento fu sfruttato per l’espansione occidentale dell’abitato con la costruzione dell’attuale via Pugliano, che saliva alla basilica di Santa Maria a Pugliano.

La peste del 1656


La peste del 1656 colpì Resina mietendo altre oltre 400 vittime. Alcune famiglie si rifugiarono sulle colline sotto il cratere dove grazie all’aria più salubre scamparono al flagello. In segno di riconoscimento decisero di erigere in quel luogo una cappella dedicata al Salvatore.

Il Riscatto Baronale del 1699
I resinesi, insieme ai torresi e ai porticesi, chiesero di esercitare lo “ius praelationis” per riscattare il feudo che in quegli anni era al centro di dispute finanziarie tra gli eredi dei Carafa e il Demanio.

Dopo un tentativo fatto nel 1696 e un successivo nel dicembre del 1698, il Presidente della Regia Camera della Summaria, Don Michele Vargas Macciucca, il 18 maggio 1699 decretò che Torre del Greco, Resina, Portici e Cremano (quest’ultima oggi appartenente al territorio di Portici e da non confondere con la vicina San Giorgio a Cremano) fossero sciolte dal vincolo feudale dietro il pagamento ai proprietari di una somma pari a 106000 ducati più altri 2500 di spese accessorie.

La spesa fu ripartita tra i casali in base alla loro importanza in termini demografici, economici e territoriali, secondo i calcoli eseguiti dai tavolari di corte.

I cittadini di Resina contribuirono per 1/3 della somma (ossia 35333 ducati per la prelazione e ulteriori 833 per le spese accessorie), contro i quasi 57000 ducati versati da Torre del Greco e i 15400 da Portici.

Il riscatto baronale di Resina (Ercolano), Torre del Greco e Portici resta una delle pagine più memorabili della storia delle tre città vesuviane.

La scoperta di Ercolano e la nascita del Miglio d’Oro
Nel 1709, Emanuele Maurizio di Lorena, Principe d’Elbeuf, mentre stava costruendo il suo palazzo presso il litorale di Portici venne a sapere che un contadino, tale Nocerino (detto Enzechetta), nello scavare un pozzo in un podere alle spalle del convento degli agostiniani di Resina si era imbattuto in marmi e colonne antiche.

Decise, così, di comprare il fondo e nel 1711 avviò degli scavi attraverso pozzi e cunicoli che raggiunsero l’antico Teatro di Ercolano, da cui estrasse statue, marmi e colonne che tenne per sé o inviò in dono presso amici, parenti e regnanti europei.

Grazie a lui il re Carlo III di Borbone decise di acquistare a sua volta il fondo e avviare scavi sistematici. In Europa si diffuse la fama dell’antica Ercolano (che influenzò la cultura dell’epoca dando impulso al movimento culturale del Neoclassicismo e alla moda dell’aristocrazia inglese di svolgere il Grand Tour attraverso l’Europa, fino all’Italia e alla Grecia).

Il successo dei ritrovamenti spinse il re a costruire nel 1740 un palazzo reale nelle vicinanze degli scavi di Resina entro i confini del casale di Portici (che da quel momento assunse il titolo di Real Villa di Portici).

Nella nuova reggia estiva raccolse i ritrovamenti ercolanesi realizzando in un’ala del palazzo l’Herculanense Museum. Le collezioni si arricchirono a partire dal 1750, quando cominciò l’esplorazione della villa suburbana appartenuta alla famiglia dei Pisoni, nella quale fu rinvenuta una gran quantità di bellissime statue in bronzo e in marmo (come i due Lottatori e il Mercurio Dormiente).

Ancora più straordinario, però, fu il ritrovamento, nel 1752, dei papiri carbonizzati della biblioteca della villa che da quel momento divenne nota in tutto il mondo come Villa dei Papiri. Essi furono srotolati grazie ad una macchina appositamente realizzata in quegli anni da Padre Antonio Piaggio e rivelarono opere del filosofo epicureo Filodemo da Gadara.

Con l’arrivo dei reali a Portici tutta l’aristocrazia della capitale scelse di realizzare sontuose dimore estive lungo la Via Regia delle Calabrie e nelle campagne circostanti, tra Barra (oggi quartiere orientale di Napoli) e Torre del Greco. Tra Villa de Bisogno a Resina e Palazzo Vallelonga a Torre del Greco la quantità e la qualità degli edifici fu tale che quel tratto di strada venne denominato il Miglio d’Oro.

Tra le più prestigiose si annoverano Villa Campolieto (progettata da Luigi Vanvitelli), Villa Riario Sforza (nota anche come Villa Aprile), e Villa Favorita (di Ferdinando Fuga, chiamata così perché preferita dalla regina Maria Carolina d’Asburgo al punto che Ferdinando IV l’acquistò nel 1792 conferendole la denominazione di Real villa della Favorita e anche Resina acquisì il titolo di Real Villa).

Dalla Repubblica Partenopea al Regno di Gioacchino Murat


Il 14 giugno del 1799, negli ultimi giorni della Repubblica Partenopea, tra la Favorita e il Granatello di Portici si combatté l’ultima battaglia tra l’armata della Santa Fede e i giacobini repubblicani (con la vittoria dei primi). Lungo via Pugliano fu abbattuto l’albero della libertà piantato dai repubblicani e al suo posto fu eretto un crocifisso.

Ristabilita la monarchia borbonica, nel 1802 Ferdinando IV decise di lasciare Palermo per fare ritorno a Napoli e il 27 giugno sbarcò all’approdo della Favorita.

Durante il periodo francese tra il 1806 e il 1815, il re Gioacchino Murat frequentò molto Villa Favorita. Sotto il suo regno il tratto della strada regia per le Calabrie, che fino ad allora deviava verso via Dogana, fu rettificato comportando lo scavalcamento di via Mare e la demolizione della vecchia chiesa di Santa Caterina (che fu ricostruita a poca distanza lungo il nuovo tratto).

Dal 800 ai primi del ‘900

Con il ritorno dei Borboni fu dato nuovo impulso all’industria e alla tecnica. Così, nel 1839 fu inaugurata la prima ferrovia italiana da Napoli a Portici e nei 2 anni seguenti fu prolungata in direzione di Castellammare di Stabia attraversando il territorio di Resina lungo tutto il tratto di costa, privandola del litorale sabbioso.

Nella seconda metà dell’800 sorsero diversi opifici industriali (tra cui alcune concerie e una fabbrica di vetro). Nonostante i primi insediamenti manifatturieri, Resìna mantenne un aspetto di paese agricolo celebrato per la salubrità del clima (Lorenzo Giustiniani nel 1804 descrisse così il luogo: “Vi si respira un’aria sanissima. Il terreno produce frutta squisitissime, ottimi vini, e il mare da ricca pesca de eccellente sapore. Vi si veggono grandiosi ed eleganti casini… con de’ loro rispettivi giardini, o ville, formate con sopraffino gusto di disegno, adornate di vaghe fontane, peschiere, statue ed altri ornamenti da renderle mirabili agli occhi degl’intendenti… Loda per quanto voglia Orazio la sua Baia, e sino a non esservi luogo simile nel mondo, ch’io dirò esser tale appunto la nostra Resina“).

Nel 1845 fu inaugurato il Real Osservatorio Vesuviano (il primo osservatorio vulcanologico nel mondo). Nel 1863 il pittore resinese Marco De Gregorio fondò la Scuola di Resìna. Nel 1865 il re Vittorio Emanuele II inaugurò i nuovi scavi a cielo aperto. Nel 1880 fu inaugurata la Funicolare del Vesuvio che ispirò la canzone “Funiculì funiculà“. Nel 1895 a Resina fu inaugurato l’Acquedotto Vesuviano (che traeva le acque dal Serino e le forniva ai comuni vesuviani).

Negli anni tra la seconda metà dell’800 e la prima guerra mondiale, Resìna fu luogo di residenza e di villeggiatura sia dell’aristocrazia che della borghesia napoletana (vennero realizzate numerose residenze sia accanto a quelle storiche del Miglio d’Oro, come Villa Battista, sia lungo la via che da Pugliano saliva verso San Vito, oggi via Giuseppe Semmola).

Nel 1904 entrò in funzione il ramo della ferrovia Circumvesuviana che da Napoli conduceva a Torre Annunziata e a Poggiomarino (la ferrovia tagliava il parco superiore della Reggia di Portici, sbucava in piazza Pugliano ed aveva la fermata subito dopo la piazza).

Dopo l’eruzione del 1906 le pendici del Vesuvio furono ricoperte da una spessa coltre di cenere che durante le piogge intense discendeva a valle in forma fangosa.

Nel 1911 Giuseppe Mercalli fu nominato Direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Il 21 settembre dello stesso anno, a seguito di un violento nubifragio che si abbatté sulla zona vesuviana, un’enorme colata di fango si riversò sul centro cittadino invadendo via Trentola fino al primo piano degli edifici causando numerosi morti. In seguito, durante il periodo fascista, furono realizzati degli alvei protetti per incanalare le acque piovane facendole defluire verso il mare.

Nel 1927 il re Vittorio Emanuele III inaugurò il nuovo ingresso degli Scavi di Ercolano sul Corso Ercolano e furono avviati i lavori per la costruzione di via IV Novembre che collegava il nuovo ingresso alle stazioni della ferrovia Circumvesuviana e della Funicolare del Vesuvio a piazza Pugliano.

Nel 1930 fu inaugurata l’autostrada Napoli-Pompei e fu aperto il casello di Resina.

Gli ospiti illustri:

  • Arnaldo Cantani, medico e scienziato di fama internazionale;
  • Gabriele D’Annunzio che tra il 1892 e il 1893 fu ospite in villa D’Amelio dove trovò ispirazione per le sue opere del periodo napoletano e dove visse la travagliata storia d’amore con Maria Gravina;
  • Vincenzo Semmola, avvocato e studioso dei vigneti vesuviani;
  • L’8 gennaio del 1887 nacque Adriano Tilgher, filosofo e critico letterario, tra i massimi studiosi di Luigi Pirandello;
  • Il 13 giugno del 1889 nacque in villa Faraone Amadeo Bordiga, fondatore del Partito Comunista d’Italia con Antonio Gramsci;
  • Tra il 1879 e il 1885 in Villa Favorita risiedé Ismail Pascià, Kedivé d’Egitto, noto nel mondo per aver inaugurato il Canale di Suez, venuto in esilio in Italia e sistemato a Resìna dal governo italiano;
  • Antonio Salandra, politico e Primo Ministro del Regno d’Italia e il conte Carlo Sforza, diplomatico italiano e Ministro degli Esteri, furono tra gli ospiti abituali di Villa Aprile.
Dal dopoguerra ad oggi


Negli anni del dopoguerra nacque in via Pugliano il mercato dei panni usati, conosciuto anche come “mercato di Resìna“, che raggiunse notorietà nazionale e internazionale negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.

Come tutta la fascia costiera vesuviana, Resina fu interessata da una massiccia espansione urbanistica (nonostante i rischi dall’attività del Vesuvio che resta un vulcano attivo).

Il 12 febbraio del 1969, a due anni dalla delibera del Consiglio Comunale, il Presidente della Repubblica decretò il cambio di toponimo da Resina ad Ercolano. Quasi contestualmente, fu cambiata la denominazione del corso principale della città da Corso Ercolano in Corso Resina.

Gli anni recenti sono caratterizzati sia da una forte crisi industriale che ha portato alla chiusura delle principali attività industriali presenti (concerie, industrie meccaniche), con conseguente crisi economica e sociale e diffusione della microcriminalità, sia dalla nascita di numerose attività che hanno spinto verso la riqualificazione del territorio, a partire dal patrimonio delle ville del Miglio d’Oro, per un rilancio in chiave turistica e culturale.

Nel 1971 è stato istituito l’Ente per le Ville Vesuviane (oggi Fondazione) la cui sede operativa dal 1984 è nella restaurata Villa Campolieto. Nel 1995 è istituito l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio ed Ercolano è tra i 13 Comuni dell’area del Parco. Lungo la strada che sale al cratere del Vesuvio, nel 2005 è stato realizzato il museo all’aperto di arte contemporanea Creator Vesevo costituito da 10 sculture in pietra lavica di altrettanti artisti di fama mondiale.

Nel 1997 gli Scavi di Ercolano sono inclusi nella Lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e Il Vesuvio e il Miglio d’Oro sono stati inseriti nella rete mondiale di riserve della biosfera nell’ambito del programma UNESCO MAB (Man and Biosphere). Tra il 1997 e il 2012 Villa Ruggiero è sede di società di sviluppo territoriale dell’area della costa vesuviana (il Patto Territoriale del miglio d’Oro e Tess Costa del Vesuvio).

Nel 2008 è stato inaugurato il MAV (il Museo Archeologico Virtuale), nell’edificio restaurato dell’ex mercato coperto comunale ed ex scuola Media Iaccarino.

L’economia di Resina


Le attività storiche praticate a Resina sono state l’agricoltura, la pesca, l’estrazione e la lavorazione della pietra lavica, la carpenteria edile e il commercio al minuto. L’agricoltura era diffusa su tutto il territorio fino alle pendici del Vesuvio e godeva di una particolare condizione sia di clima mite che di fertilità dei suoli di tipo vulcanico che hanno reso le produzioni vesuviane sempre eccellenti. La pesca, invece, era praticata lungo il litorale e nel mar Tirreno (fiorente era la pesca del corallo come nella vicina Torre del Greco).

Dal secondo dopoguerra si svilupparono il comparto tessile (intorno alle attività del mercato di Pugliano) e il florovivaismo (praticato sui terreni costieri, adatti alla coltivazione di fiori e sementi).

L’espansione delle attività legate al commercio e al trattamento degli abiti usati e dei pellami è entrata in contrasto con i piani paesistici di tutela ambientale e molte aziende ercolanesi si sono trasferite in altre località della provincia di Napoli e della Campania non soggette a vincoli stringenti.

Invece, il comparto florovivaistico, che si è sviluppato lungo tutto il litorale a sud di Napoli, ha in Ercolano uno dei centri di maggiore produzione. La realizzazione del mercato dei fiori su via Benedetto Cozzolino ha dato linfa e impulso al settore (ogni anno ospita la fiera internazionale Flora dedicata al fiore reciso).

Infine, il turismo è incentrato soprattutto sul parco archeologico (in seguito all’ampliamento del parco nel 2014 i flussi turistici sono stati in continuo aumento).

Il cambio di nome da Resina Ercolano


Nel 1967 l’assessore allo sport e al turismo Alfonso Negro (ex calciatore di Napoli, Fiorentina ed Ercolanese, e campione olimpionico a Berlino nel 1938) fu il promotore del cambio di nome per questioni turistiche.

In molti andavano a Resina per il mercato degli abiti usati (nato anche come “panni americani” lasciati dalle truppe Alleate e rivendute dai poveri del posto che si industriarono come commercianti). Per gli scavi archeologici, invece, cercavano solo le antiche rovine di Pompei, confondendole come un tutt’uno con quelle dell’antica Herculaneum.

Due anni dopo la delibera della giunta, il consiglio comunale nel febbraio 1969 deliberò il cambio del nome e Francesco Scognamiglio passò dall’essere l’ultimo sindaco di Resina al primo di Ercolano. L’anno successivo anche il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat appose la sua firma.

Curiosità su Resina
Renato Carosone inserì il nome “Resina” in “Maruzzella“, una delle sue più belle e famose canzoni.
E chi mo canta appriesso a me?
Ohé
Pe’ tramente
S’affaccia ‘a luna pe’ vedé!
Pe’ tutta ‘sta marina
‘A Pròceda a Resína
Se dice: Guarda llá
Na femmena che fa!ia per il futuro
“.