Nuova scoperta sull’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: la nube di cenere rovente incenerì i corpi e vetrificò i cervelli dei cittadini di Ercolano
Uno studio condotto da un team di geologi e antropologi ha fornito una ricostruzione più precisa degli eventi termici associati all’eruzione e ha rivelato interessanti spunti per migliorare la sicurezza della “zona rossa” attorno al Vesuvio.
Il team di ricerca ha analizzato i resti di legno carbonizzato e ha scoperto che una prima nuvola di cenere di brevissima durata entrò in città a una temperatura iniziale di 500-600 gradi e raggiunse la spiaggia a una temperatura ancora superiore ai 500 gradi, uccidendo istantaneamente tutte le persone che si erano rifugiate negli edifici in città e negli ambienti sul mare. L’interazione tra la nube di cenere rovente e l’acqua di mare causò il rigonfiamento della nuvola e, subito dopo, la deposizione di ceneri raffreddate che avvolsero i corpi delle persone già morte a causa della temperatura estrema. La città fu poi sepolta successivamente, progressivamente, da flussi piroclastici a temperature relativamente più basse.
La scoperta sulla trasformazione in materiale vetroso del tessuto cerebrale di un abitante di Ercolano fornisce ulteriori dettagli sulla tempistica degli eventi che portarono alla distruzione della città. La brevità del primo flusso piroclastico impedisce al tessuto cerebrale di vaporizzare totalmente, e il lasso di tempo prima del secondo flusso piroclastico diede origine a un rapido raffreddamento, necessario per la trasformazione in vetro.
L’importanza di questa scoperta risiede nella maggiore attenzione che deve essere posta sul rischio vulcanico legato alle nuvole di ceneri calde distaccate, che, nonostante la loro breve durata, sono in grado di provocare gravi danni agli edifici e tante vittime. Per quanto riguarda la situazione del Vesuvio, gli autori dello studio suggeriscono che gli edifici nella “zona rossa” dovrebbero essere rinforzati per riparare le persone al loro interno dall’impatto termico della nuvola di cenere, nell’eventualità in cui un’evacuazione completa non sia possibile. In caso di futura eruzione, le zone periferiche meno esposte all’alta pressione dinamica dei flussi potrebbero essere colpite da nubi di cenere distaccate di breve durata, e la sopravvivenza delle persone dipenderebbe in modo critico dalla capacità dei rifugi di non consentire l’infiltrazione del gas rovente e ricco di cenere.